Caro direttore,
nell'esaminare le ragioni che hanno portato dei giovani diciassettenni, sani di mente, insospettabili a compiere nei giorni scorsi delitti cosi efferati da lasciare basiti, qualche sociologo ha indicato quali attendibili cause le carenze di attenzione della famiglia e, più in generale, della società civile. Personalmente vedo, particolarmente le famiglie, vittime di giovani figli che hanno facile accesso informatico ad un mondo virtuale, allettante, illusorio cui accedono semplicemente con un tablet o un telefonino. Alcuni di loro diventano sognatori di un mondo dagli spazi senza limiti e, spento il tablet, si sentono ingabbiati nella realtà familiare che arrivano ad eliminare con una lucidità che non lascia tracce di emozioni né di pentimenti.
Luciano Tumiotto
Ponte di Piave (Tv)
La risposta del direttore del Gazzettino Roberto Papetti
Caro lettore,
in molti hanno cercato di individuare le ragioni che possono aver portato un ragazzo 17 anni di assoluta normalità a sterminare, senza un'apparente ragione, i genitori e il fratello. Qualcuno ha individuato nella famiglia e nelle sua fragilità il brodo di coltura in cui sono esplosi gesti terribili come questi. Altri hanno puntato il dito contro la schiavitù da social di cui sono vittima molti giovani e che conduce in tanti casi a confondere il reale con il virtuale, a percepire in modo deformato il mondo in cui si vive e la conseguenza delle proprie scelte. Probabilmente tutto ciò è vero. Ci si dimentica però che esiste anche una "banalità del male", un aspetto della condizione umana che spesso dimentichiamo e che Hannah Arendt indagò per prima nel suo libro dedicato ad Adolf Eichmann, l'esponente nazista che organizzò e gestì la cosidetta "soluzione finale" mandando a morte nei campi di sterminio milioni di ebrei.
La Arendt, seguendo il processo ad Eichman, si convinse che non si trovava di fronte a un sadico e perverso genio del male, ma ad un funzionario spaventosamente normale che pianificò l'Olocausto perché quello era ciò che lui riteneva essere il suo dovere di nazista.
Fatte le debite proporzioni, un uomo non molto diverso dal 17enne che ha distrutto in pochi minuti tutta la sua famiglia. Senza un perché e senza comprendere davvero ciò che stava facendo. Questo non rende meno grave ciò che ha commesso. Non è in alcun modo un'attenuante sul piano giudiziario né su quello umano. E non è neppure in contraddizione con le analisi fatte da sociologi e psicologi sul ruolo della famiglia e del mondo virtuale. Ci ricorda però che, per quanto inimmaginabile e indicibile possa apparire, esiste anche questa realta: la banalità del male.