Le aziende contro il caro affitti delle case: «Saltano le assunzioni perché i lavoratori rimangono senza un alloggio»

In aumento i casi di imprese che non riescono ad assumere perché i candidati non trovano appartamenti. «Canoni da 600 euro al mese per 50 metri quadrati»

domenica 14 luglio 2024 di Mauro Favaro
Gli affitti a Treviso hanno superato la quota dei 12 euro al metro quadro

TREVISO - Le aziende faticano ad assumere anche perché le persone non riescono a trovare un alloggio dove andare a vivere, nella zona di Treviso, a un prezzo sostenibile. «Ci arrivano tantissime segnalazioni di difficoltà nel trovare personale legate proprio al tema della casa e del mercato degli affitti», allarga le braccia Gloria Tessarolo, assessore alla casa. Le situazioni sono diverse. A livello generale, oltre 4 famiglie su 10 tra quelle che puntano a comperare un’abitazione a Treviso non sono nelle condizioni di poter spendere più di 120mila euro. La cifra è stata indicata dall’ufficio studi del gruppo TecnoCasa.

E sostanzialmente chiude le porte del centro. Basti pensare che nel mese di maggio all’interno delle mura si è arrivati a chiedere in media più di 3.500 euro al metro quadrato. Il portale Immobiliare.it evidenzia un ulteriore aumento dell’1,15% rispetto all’anno scorso. Se invece si guarda all’intero comune il prezzo medio di vendita varia da poco più di 1.900 a 3.509 euro al metro quadrato.

I NUMERI

Non va meglio sul fronte affitti. A maggio il canone medio ha toccato la quota record di oltre 12 euro al mese per metro quadrato in città. Qui l’aumento è stato del 6,6% nel giro di un anno. Sulla carta, vuol dire dover tirare fuori più di 600 euro al mese per 50 metri quadrati. Sempre ammesso che si trovi qualcosa. Dall’altra parte resta il grande nodo degli sfratti per morosità, sia da case private che da alloggi Ater. Pochi giorni fa il sindaco Mario Conte ha parlato di una “bomba sociale”: «I comuni vengono lasciati soli e senza risorse ad affrontare un tema che riguarda la fragilità e la povertà. Serve una nuova politica nazionale per la casa. La gente finisce per strada e noi non possiamo permetterci di pagare ancora stanze o canoni sanzionatori ad Ater. E’ ora di sedersi attorno a un tavolo e parlarne tutti assieme». L’argomento è stato affrontato anche nell’ultimo consiglio comunale nel contesto di una variazione di bilancio per un totale di 5,1 milioni di euro. All’interno, tra le altre cose, ci sono oltre 660mila euro per interventi di manutenzione volti al ripristino di alloggi popolari sfitti nella zona di Santa Bona. «Ci sono tanti alloggi, sia del Comune che dell’Ater, che sono sfitti ma che non vengono consegnati perché bisogna fare degli interventi – scandisce Antonella Tocchetto, consigliere del Pd e vicepresidente dell’assemblea di palazzo dei Trecento – In questa situazione di gravissima emergenza abitativa, è necessario ritirare fuori la proposta per poter trovare un accordo con gli assegnatari in modo da consentire loro di entrare subito nell’alloggio, anche se non a regola d’arte, scalando poi il costo dell’affitto a fronte dell’impegno a sistemare a spese proprie gli impianti, gli infissi o in generale a riadattare l'immobile». Anche giovedì è stata sfrattata una coppia di anziani a Treviso. Per il momento sono stati ospitati nella casa dei figli. Per il Comune, però, le cose non sono così semplici.

LA PROPOSTA

«Come servizi siamo impegnati tutti i giorni sugli sfratti – sottolinea Tessarolo – È un’idea che abbiamo provato a perseguire già l’anno scorso, cercando di capire se era possibile allargare le maglie della legge regionale inserendo la modalità del riatto, cioè della concessione degli immobili nello stato di fatto con un riatto concordato a scomputo. Ma senza esito. «Avevamo immaginato di poter lavorare in questo senso coinvolgendo anche le imprese e le associazioni di categoria. Perché uno dei grandi bisogni è appunto sul fronte del lavoro – conclude l’assessore – ma non si può nemmeno attraverso aziende o particolari collaborazioni. Non si può per la natura stessa degli immobili pubblici. La responsabilità e la gestione non consentono di far fare un lavoro a un privato. Nel momento in cui l’immobile rientra in gioco, infatti, le responsabilità su quello che è stato fatto, non fatto o non è stato fatto bene, ricadono comunque sul pubblico. Era una delle risposte che avevamo vagliato. La norma lo impedisce. Ma continuiamo a esplorare davvero tutte le possibilità».

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