VENEZIA - «Ero appena arrivato a Venezia per trascorrere qualche giorno di vacanza con mia moglie e mio figlio quando ho visto la rissa e il ragazzo accoltellato. Sono intervenuto subito». A parlare è Yanis Tereshchenko, il militare ucraino 32enne che l'altro ieri pomeriggio ha salvato la vita a un 26enne tunisino colpito con un fendente vicino all'arteria femorale.
Cosa è accaduto lunedì?
«Ero appena arrivato a Venezia con mia moglie Daria e mio figlio di 5 anni Seva. Venivamo da Roma e per noi era la prima volta qui. Stavamo andando in hotel quando ho visto lo scontro tra i due gruppi e il ragazzo accoltellato. La prima cosa che ho fatto è allontanare mio figlio. Poi ho preso il kit militare e sono corso verso il ragazzo che si era accasciato di fronte a un ristorante. Ho chiesto all’oste dei guanti e ho tagliato i jeans del giovane perché altrimenti non sarei riuscito a bloccare il sangue. Ho stretto la ferita con un laccio emostatico. Altri 5 minuti e sarebbe morto, il taglio era profondo e vicino all'arteria femorale».
Il ragazzo era cosciente?
«Sì il giovane era vigile e io continuavo a parlargli. Una volta fermato il sangue, ho detto ai presenti di chiamare immediatamente l’ambulanza e la polizia. Ho aspettato che arrivassero i soccorsi e ho raccontato agli agenti quello che avevo visto. Anche il 26enne ferito ha parlato con i poliziotti, fortunatamente il peggio era scongiurato».
Ha avuto paura?
«No, sono un militare e abbiamo una guerra da tre anni. Abbiamo ricevuto degli attacchi enormi dai russi. Questa era una situazione semplice in confronto. In Ucraina in un giorno mi capita di salvare anche dieci civili durante gli attacchi missilistici in città. Quella è una situazione dura, soprattutto la notte, quando nell’oscurità senti solo le urla delle persone ma non riesci a vederle».
Perché aveva con sé il kit militare?
«Io porto sempre con me il kit da quando c’è la guerra in Ucraina. Il pericolo può essere ovunque e viaggiando con mia moglie e mio figlio voglio essere sicuro di proteggere loro, in primis. Poi ovviamente anche per gli altri».
Sa di aver compiuto un gesto eroico?
«Non mi sento un eroe perché tutti dovremmo prenderci cura gli uni degli altri. La vita umana è la cosa più importante. Non sono coraggioso, ho semplicemente un’esperienza che altre persone non hanno».
Dove vive in Ucraina?
«Lavoro come militare a Izyum, sono un combattente della terza Brigata d'assalto aerea ucraina. Ma prima ero un insegnante di storia. Dal 2022 la mia famiglia si è trasferita in Belgio. E’ dura essere in guerra con un figlio piccolo che ti aspetta. Sogno di tornare nella nostra città, Henichesk, nella regione di Kherson, ora occupata dai russi».
I militari ucraini hanno il congedo?
«Abbiamo 30 giorni all’anno da spartire in due o tre volte. Saremmo dovuti ripartire oggi da Venezia, ma ci fermiamo anche domani. Poi riporto la mia famiglia in Belgio e torno a combattere. Cosa farò dopo la guerra? Non so se tornerò a insegnare, sicuramente viaggerò. O forse mi comprerò una fattoria».
Di Venezia cosa le rimane?
«La Basilica di San Marco, meravigliosa. Mio figlio è impazzito, ama la cultura cristiana».