«Scusi, lei spaccia?», condannata per narcotraffico la famiglia a cui citofonò Matteo Salvini

La Corte di Cassazione ha confermato gran parte delle sentenze di condanna per i componenti dell'organizzazione della zona Pilastro a Bologna

venerdì 30 maggio 2025 di Redazione web
«Scusi, lei spaccia?», condannata per narcotraffico la famiglia a cui citofonò Matteo Salvini

Era il 2020 quando Matteo Salvini in piena campagna elettorale per le regionali andò a citofonare a famiglie che abitavano in zona Pilastro a Bologna, accusate di gestire lo spaccio di stupefacenti nella zona. Il video e la domanda «Scusi, lei spaccia?» divennero virali, dando adito all'ironia sul web. Oggi, 30 maggio 2025, la Corte di Cassazione ha confermato gran parte delle sentenze di condanna per i componenti dell'organizzazione proprio di quella zona del capoluogo emiliano accusata di narcotraffico.

Tra loro anche membri della famiglia tunisina a cui l'attuale ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti citofonò.

 

Il caso

La Cassazione ha confermato gran parte delle sentenze di condanna per i componenti di un'organizzazione accusata di gestire lo spaccio in zona Pilastro a Bologna, reati commessi tra il 2019 e il 2020. Gli imputati erano rimasti in 14 e tra loro erano coinvolte anche persone della famiglia, di origine tunisina, alla quale, durante la campagna elettorale per le Regionali del 2020 in Emilia-Romagna, citofonò Matteo Salvini, chiedendo se in casa c'era uno spacciatore e scatenando polemiche.

L'indagine con a capo i pm Roberto Ceroni e Marco Imperato era partita dall'omicidio di Nicola Rinaldi, ucciso nell'agosto 2019 in via Frati, i cui familiari erano stati coinvolti nel processo. In abbreviato, in primo grado, il gup Sandro Pecorella aveva condannato 21 persone, con pene fino a 14 anni. In appello c'erano state alcune riduzioni di pena e ieri la Cassazione si è pronunciata su 14 imputati, confermando l'accusa di associazione dedita al narcotraffico per tutti quelli a cui era contestata tranne che per uno. Un solo imputato è stato assolto: si tratta di un albanese assistito dagli avvocati Simone Romano e Roberto Filocamo, condannato in secondo grado a otto anni, dieci mesi e 20 giorni. Per lui i supremi giudici, Quarta sezione penale, hanno annullato con rinvio ad un appello bis in relazione al ritenuto ruolo di promotore dell'associazione, che la difesa aveva contestato. 

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