Sessanta giorni per conquistare tutte le regioni ucraine in cui i soldati russi hanno messo piede. Questo il piano di Vladimir Putin, rivelato settimane fa dall’intelligence americana ai giornalisti a Washington e puntualmente ribadito a Trump nella telefonata del 3 luglio. Il capo dei servizi segreti militari ucraini, Kyrylo Budanov, considera «irrealistico» l’obiettivo, specie riferito all’occupazione totale del Donetsk già pomposamente vantata dai media russi. Ma è anche quest’affermazione dello zar, nel colloquio con il presidente Usa, ad avere convinto quest’ultimo che si è esaurito il credito di fiducia «all’amico Vladimir». Ripensamento favorito dal fatto che le nuove armi di profondità che gli Usa invieranno in Europa saranno acquistate dai partner europei della Nato, in primis da Germania e Olanda. E quindi Trump potrà dire di avere mantenuto la promessa di non fornire più aiuti militari americani all’Ucraina a fondo perduto.
l retroscena
A rivelare i contenuti della conversazione del 3 luglio è Axios: «Putin ha chiarito a Trump in quella telefonata che programmava una escalation della guerra e indicato che nei successivi sessante giorni avrebbe attuato una spinta ulteriore verso l’occupazione di territori fino ai bordi amministrativi delle regioni ucraine in cui la Russia ha messo piede». È per questo che il presidente Usa avrebbe poi detto al francese Macron che Putin, in realtà, «vuole prendersi tutto». Forse, non solo le regioni annesse, ma arrivare al Dnipro, nel centro del Paese. Oggi, riferiscono i media ucraini, i russi occupano circa un quinto del territorio nazionale. E un’approfondita analisi del “Kiev Independent” ricorda le recenti affermazioni a giugno dell’ambasciatore russo nel Regno Unito: «Continuiamo ad acquisire sempre più terre, non vediamo alcuna necessità di fermarci. Per l’Ucraina c’è una sola scelta: o accetta le nostre condizioni adesso, o continueremo l’avanzata e Kiev dovrà arrendersi a condizioni molto peggiori». Pochi giorni dopo, Putin è andato oltre affermando a San Pietroburgo che «tutta l’Ucraina appartiene alla Russia» e che «ovunque metta piede un soldato russo è terra russa».
La linea
Donetsk, Lugansk, Kherson, Zaporizhzhia e la Crimea sarebbero solo un primo boccone. Il resto verrà. I vertici militari britannici sostengono che il governo dovrebbe preoccuparsi di costruire rifugi perché «è possibile la guerra con la Russia in 5 anni, entro il 2030». Stessa prospettiva temporale indicata dai servizi segreti della Finlandia, che condivide con la Russia un confine lunghissimo e perciò la conosce bene. Ma non è un caso che Trump annunci oggi di voler vedere la fine della guerra tra cinquanta giorni, cioè dieci giorni prima del termine indicato da Putin per la conquista delle cinque regioni contese. Cambio di approccio dell’America che si scontra con la resilienza dello Zar.
La mediazione
Per il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, l’importante è che gli Stati Uniti di Trump non perdano di vista la pace e che “Mr. Kellogg”, ossia l’inviato speciale Usa per la guerra, da ieri in vista a Kiev, «continui gli sforzi di mediazione come parte del processo di soluzione del conflitto». Anzi, la Russia starebbe aspettando che l’Ucraina indichi le date possibili di un «terzo round» dei colloqui. Solo che proprio la Russia ha respinto la tregua nelle more del negoziato. «Putin chiacchiera tanto e poi bombarda la notte», per dirla con Trump. Allo stesso tempo, Peskov non arretra di un millimetro sulle posizioni radicali di Mosca: «La Russia è uno Stato baltico e intende difendere con fermezza i suoi interessi in questa regione, interessi legittimi». Quanto alle forniture di missili promesse da Trump, «ora sembra che saranno pagate dall’Europa. Alcune, altre no. Ma resta il fatto che gli invii di armi, munizioni e equipaggiamento militare dagli Stati Uniti sono continuate e continuano verso l’Ucraina», rimarca Peskov. L’Institute for the Study of War cita il capo della Pianificazione del Ministero della Difesa tedesco, il generale Christian Freuding, il quale conferma che la Germania ha discusso già da settimane ad altissimo livello l’acquisto di due sistemi di difesa aerea Patriot da cedere poi all’Ucraina. Berlino avvierà una linea di produzione propria di intercettori Patriot e i primi saranno pronti entro l’inizio del 2027. Che La Russia abbia preso sul serio la capacità militare ucraina, sostenuta dall’Europa e dall’ossigeno dei sistemi d’arma americani, sarebbe dimostrato dalle immagini satellitari analizzate anche queste dall’Isw. Le forze russe avrebbero infatti costruito 10 bunker rinforzati coperti di terra, 12 strutture in cemento e 8 hangar in stile capannone per proteggere la base aerea di Khalino, nel Kursk. Altri due bunker di cemento sarebbero stati costruiti in un’altra base aerea in Crimea. Segnali di miglioramento delle fortificazioni dopo lo smacco mondiale dell’Operazione Spider Web con cui l’Ucraina ha colpito le basi aeree russe in profondità, un’azione combinata di sciami di droni e lanci preparati da incursori partiti dal territorio ucraino e ritirati prima del colpo.