SANTA GIUSTINA IN COLLE (PADOVA) - Erano circa 700 i partecipanti alla Marcia diocesana per la pace 2025, svoltasi ieri pomeriggio (26 gennaio), con un percorso da Arsego a Santa Giustina in Colle di circa 4,5 chilometri. Slogan di questa edizione è "Semi di speranza", in collegamento diretto con il tema del Giubileo che la Chiesa universale sta vivendo, all'insegna appunto della speranza.
La Marcia diocesana per la pace vuole proprio essere un'occasione per testimoniare il "desiderio di pace", in un territorio che è stato segnato dalla violenza insensata della guerra: ottant'anni fa, il 27 aprile 1945, avvenne l'eccidio di Santa Giustina in Colle in cui vennero trucidate 24 persone dai tedeschi in fuga, tra i quali parroco e cappellano, sul sagrato della chiesa.
Il corteo
La partenza da Arsego con il saluto del sindaco di San Giorgio delle Pertiche, Daniele Canella, l'inaugurazione di una strada intitolata a monsignor Oscar Rizzato, nativo di Arsego, arcivescovo ed elemosiniere del Papa.
«Siamo andati alla ricerca dei semi di speranza disseminati nel nostro territorio - sottolinea suor Francesca Fiorese, responsabile della Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Padova e coordinatrice della Marcia per la pace -. Il primo segno è dato dall'impegno grande e proficuo di tutti i giovani che abitano in questo territorio che si sono messi a disposizione. Il secondo segno sono state le testimonianze di due profughi afghani, accolti dall'associazione Popoli Insieme; dall'esperienza di solidarietà della cooperativa Il Graticolato, dove si è svolta una tappa della marcia».
All'arrivo a Santa Giustina, in piazza Martiri, luogo della strage perpetrata dai tedeschi nel 1945, il saluto di Gemma, sindaco dei ragazzi, e del primo cittadino Moreno Giacomazzi. Poi un medico di Emergency, Luca Livio, che ha portato la sua testimonianza di servizio nei luoghi di guerra, dove tuttavia ha trovato spazio per parole come speranza e perdono.
La messa
Il pomeriggio si è concluso con la messa presieduta dal vescovo Claudio Cipolla. Nell'omelia il presule ha rivolto un pressante invito ai presenti: «Agli orecchi del mondo credere nella pace pare una follia, e allora ancor di più come cristiani abbiamo la responsabilità di testimoniare che solo relazioni autentiche costruiscono la pace, solo relazioni di rispetto, di riconoscimento reciproco, di non violenza sono garanzia di pace. Non possiamo cedere all'inganno della logica della deterrenza, non possiamo educare i nostri ragazzi alla legge della prevaricazione, della sicurezza fondata sulle armi. Non possiamo ingannarli, non possiamo farli crescere nella contrapposizione, non possiamo togliere loro il futuro. La pace non è qualcosa di distante e impossibile, anzi, è nelle nostre mani attraverso ogni piccolo gesto, come un sorriso o una parola dolce. È così che si disarmano i cuori».
Le offerte raccolte durante la celebrazione saranno devolute alla delegazione delle Chiese di Palestina che farà tappa a Padova il prossimo 22 febbraio.