VENETO - Quando il presidente leghista della Regione del Veneto Luca Zaia dice - e l’ha ripetuto anche ieri all’inaugurazione della nuova terapia intensiva all’ospedale di Dolo - che l'accettazione della lista civica, cioè della sua Lista Zaia, «spetterà al candidato presidente, perché è lui che accetterà di firmare le singole liste oppure no», a chi si rivolge? Al segretario del suo partito, Alberto Stefani, che è il candidato in pectore per la sua successione? O è un generico cenno al candidato prossimo venturo chiunque sarà?
La giornata del 29 luglio 2025 finisce in archivio con un nulla di fatto, esattamente com’è successo per tutti i giorni di aprile, maggio, giugno e ormai luglio. Con una Lega che appare sempre più sfibrata. E al cui interno sta prendendo piede un’altra “linea del Piave”: visto che Zaia non è ricandidabile perché a Roma hanno detto no al terzo (quarto) mandato, visto che la Lista Zaia non è voluta dagli alleati («Se uno è iscritto in un partito deve candidarsi in quel partito», ha detto ieri il meloniano presidente del Senato, Ignazio La Russa), visto che ancora non si capisce se Zaia sarebbe sul serio disposto a una corsa solitaria («Non voglio neanche commensurare questa ipotesi», ha detto lunedì mattina - ma qualcuno ha letto questa dichiarazione in senso opposto), ecco che tra i leghisti c’è chi comincia a pensare che tutto sommato sarebbe meglio lasciare Palazzo Balbi a Fratelli d’Italia. Raccontano alcuni maggiorenti della Lega: «Ci prenderemmo la vicepresidenza della Regione, il presidente del consiglio regionale, come minimo un assessore bello pesante. Ma almeno “vivremo”, altrimenti avremmo sì Palazzo Balbi ma poi ci darebbero ben che vada l’Identità veneta e i Fratelli si prenderebbero tutta la polpa. E noi saremmo morti».
GLI ASSESSORI
Umore ai calcagni anche tra gli assessori fedelissimi di Zaia: dello sblocco dei due mandati nessuno parla più, è un continuo rimpallo tra Palazzo Balbi e via Panà a Noventa Padovana, cioè tra il governatore e il segretario della Lega Stefano (peraltro con l’incognita dei consiglieri regionali, che oggi sono più di una trentina ed è tutto da dimostrare che siano disposti a tarparsi le ali, cioè a far rimettere in giunta assessori uscenti sapendo che i posti il prossimo giro si ridurranno). Insomma, solo lo “strappo” rinvigorirebbe i leghisti e c’è ancora chi conserva un sondaggio di un anno fa che diceva: Lega e Lista Zaia al 35%, centrosinistra al 29,5%, FdI–FI al 16%. E intanto nelle chat circola il video di Roberto Marcato che a Ring, su Antenna3, alla domanda: fosse lei il candidato presidente della Regione accetterebbe la Lista Zaia?, risponde: «No, ma farei la mia lista Marcato», spiegando che dopo tanti risultati deludenti - Padova, Vicenza, Verona, le Politiche, le Europee - «la Lega deve fare il pieno di voti» e sarebbe meglio non mettere leghisti in una lista civica.
I MODULI
Intanto a Palazzo Ferro Fini i consiglieri regionali uscenti compilano il modulo per essere nuovamente candidati. Il termine scade lunedì 4 agosto, posti in lista - anche se ci fosse solo quella della Lega - ce ne sono, il punto è farsi eleggere. A Vicenza, ad esempio, sono 6 gli uscenti, il listino ha 9 posti, ma i leghisti sono praticamente tutti fermi perché aspettano lumi, mentre i Fratelli della terra berica hanno già messo il turbo: l’ex sindaco di Vicenza Francesco Rucco, oggi supportato da Elena Donazzan, è da settimane che ammicca da manifesti 6x3, Sergio Berlato non nasconde di voler tornare a fare l’assessore, Joe Formaggio è in campagna spinta “anticomunista”.
E pensare che i leghisti vorrebbero la corsa solitaria anche per liberarsi di Flavio Tosi, il loro ex segretario che ora guida Forza Italia e che non perde occasione per sparare sull’attività amministrativa della giunta. All’ultimo attacco in occasione del giudizio di parifica della Corte dei conti, i più si aspettavano anche una replica dal partito. Che non c’è stata. E adesso aspettano di capire se per l’assestamento di bilancio gli azzurri anche stavolta non voteranno a favore.
LIGA VENETA REPUBBLICA
In un quadro del genere, facile dare retta alle voci di paese. L’ultima a tenere banco riguarda il duplice incontro tra Toni Da Re e il segretario provinciale della Lega di Treviso Dimitri Coin: un caffè sabato al bar Lux a Vittorio Veneto, poco distante dal gazebo del Carroccio, il pranzo l’indomani sul Cansiglio. De Re, ex segretario regionale ed ex europarlamentare espulso dal partito per aver dato del cretino a Salvini, ora approdato alla Liga Veneta Repubblica, sorride sotto i baffi: «Il caffè l’abbiamo preso, il giorno dopo abbiamo condiviso una birra, Sonia Brescacin e Roberto Bet ci hanno visto». Ma è vero che vi hanno invitato ad abbassare i toni altrimenti sarà una fatica far entrare la Liga Veneta Repubblica in coalizione? «Se corressi da solo come candidato presidente la Lega non salvianiana mi darebbe una mano».