RESANA (TREVISO) - Condannato a 9 mesi di reclusione, pena sospesa, per lesioni alla moglie. Assolto, invece, dalla ben più grave accusa di maltrattamenti in famiglia.
IL PROCESSO
Si è chiuso ieri, in tribunale, il processo a carico di un romeno 40enne, residente a Resana, difeso dall’avvocato Roberto Uliana, che era chiamato a rispondere dell’accusa di maltrattamenti nei confronti della compagna coetanea minacciandola di morte e chiamandola con i peggiori epiteti davanti ai figlioletti minorenni, controllandone ogni singola spesa fino a chiudere i “cordoni della borsa” impedendole, perfino, di usare la vettura che inizialmente la donna guidava regolarmente per le sue necessità e per accompagnare i figli negli spostamenti. Nella sua folle gelosia l’imputato aveva perfino installato dei microfoni in casa e li controllava da remoto per sapere sempre dove fosse e cosa stesse facendo la sua compagna, della quale non si fidava. Inoltre, riempiva la donna di botte e in un’occasione le stringeva le mani attorno al collo tanto che la stessa era ricorsa alle cure ospedaliere e le era stata diagnostica una contrattura cervicale con due giorni di prognosi.
La delicata situazione familiare era venuta alla luce quando la donna, stanca di soprusi e vessazioni, si era rivolta ai carabinieri per denunciare il compagno e poi aveva trovato la forza di chiedere la separazione. Le indagini, condotte dai militari dell’Arma, avevano portato alla luce la difficile convivenza ma, nel corso del processo, il giudice ha considerato che i maltrattamenti non fossero continuativi e reiterati e, inoltre, le botte non erano provate da referto medico all’eccezione dell’unico caso che era stato documentato dopo che la donna era ricorsa alle cure mediche dell’ospedale. L’uomo è stato dunque condannato per le lesioni ma ha evitato una pena molto maggiore che gli sarebbe stata comminata se fossero stati riconosciuti i maltrattamenti.